Tre cose che le assicurazioni possono fare meglio con i dati

In una ricerca dell’Associazione delle compagnie inglesi vengono individuate le aree in cui si potrebbero avere vantaggi con l’uso dei big data: la comprensione del cliente, la proposta di un prezzo migliore, la qualità del risarcimento

Pubblicato il 18 Set 2015

Siamo in piena rivoluzione digitale e il flusso di dati traghetta importanti cambiamenti nel settore assicurativo. In pochi anni, le cosiddette “autostrade dell’informazione” sono diventate molto trafficate, ma questo enorme bacino di dati può portare grandi vantaggi nella gestione del cliente. A porre l’accento sui Big Data è l’ABI (Association of British Insurers), organizzazione nata per promuovere la diffusione di best practice, trasparenza e alti livelli di qualità nel settore assicurativo inglese, che in una ricerca, “How data makes insurance work better for you”, rivela che il 90% dei dati prodotti a livello globale risale agli ultimi due anni e in un giorno si genera una mole di informazioni digitali pari a quella creata dall’inizio della civilizzazione al 2003. Invitando il mondo delle assicurazioni a una seria riflessione, l’associazione inglese ha presentato i risultati del suo studio durante la “Data conference” di Londra.

Ogni giorno vengono effettuate oltre 5,5 miliardi di “googolate”, ricerche su Google, rispetto a circa 10 mila del 1998. Eppure sono trascorsi soltanto 17 anni. Le cifre dell’ABI sui social network, poi, rendono ancor meglio l’idea di come il mondo sia rapidamente cambiato: ogni secondo vengono postati seimila tweet, 2 milioni e 460 mila contenuti vengono pubblicati ogni minuto su Facebook e ci vorrebbero 5 anni per vedere tutti i video che sono stati pubblicati ogni secondo nel 2015. Questa enorme quantità di dati può essere analizzata e categorizzata con innovativi strumenti tecnologici e permette alle compagnie assicurative di delineare un profilo più dettagliato dei propri assicurati. Tre le aree chiave.

1) la comprensione del cliente: la raccolta e l’analisi delle informazioni digitali possono delineare un profilo preciso di ogni persona, delle sue abitudini quotidiane e anche dei suoi bisogni assicurativi. L’assicuratore potrà così ideare prodotti e servizi personalizzati. Il risparmio di tempo è evidente, dato che questi dati rimarranno (con il consenso del cliente) memorizzati in un database centrale al quale poter accedere in caso di bisogno, senza ogni volta dover nuovamente profilare il proprio interlocutore.

2) la proposta di un prezzo migliore. Dopo aver individuato il prodotto più indicato per il proprio cliente, si può anche proporre un premio migliore in base alla valutazione del rischio, effettuata su dati precisi e personalizzati. Grandi passi in avanti in questa area saranno fatti grazie all’Internet of Things: avere in casa dispositivi collegati, come caldaie “intelligenti”, termostati, serrature di ultima generazione e rilevatori di fumo, garantisce una continua manutenzione e un costante aggiornamento alla compagnia di assicurazione, che avrà la possibilità di stipulare un’offerta personalizzata, piuttosto che basarsi su calcoli di media. Stesso discorso vale in campo sanitario e automobilistico. Avere un monitoraggio costante significa anche poter individuare e gestire comportamenti pericolosi, mitigando la probabilità di rischio.

3) la qualità del risarcimento: l’incrocio di informazioni digitali consente alle compagnie assicurative di avere in tempi brevi tutte le informazioni necessarie per attivare la procedura di indennizzo. In caso di incidente, ad esempio, un dispositivo intelligente potrebbe rilevare e inviare all’assicuratore il luogo dell’evento, la tipologia di auto, le modalità dello scontro e richiedere contestualmente l’invio di aiuti e l’officina più vicina per le riparazioni. È anche un buon metodo per evitare le frodi che, secondo l’ABI, nel 2014 sono state pari a 130mila casi, per un valore di un miliardo e 300 mila sterline.

Il trattamento dei dati digitali richiede, però, una rigida conformità alle norme sul rispetto della privacy e della sicurezza – conclude la ricerca di ABI – e un utilizzo pertinente alle attività assicurative, ad esclusivo vantaggio del cliente.

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