L'editoriale

Fare innovazione è imparare a gestire il caos (e l’incertezza)

Dopo la pandemia, la guerra in Europa con effetti ancora tutti da comprendere. Siamo entrati nell’Economia dell’Incertezza, dove l’innovazione è un accessorio necessario per affrontare le sfide e cogliere le opportunità. Anche per le compagnie di assicurazione

Pubblicato il 27 Mag 2022

Photo by Jon Tyson on Unsplash

Fare innovazione è “come provare a ordinare il caos ed io ho preferito imparare a gestire il caos, piuttosto che diventare ordinato”,  ha detto Matteo Mingardi, Corporate Innovation & RD Manager di Pelliconi (azienda italiana leader mondiale nella produzione di tappi) durante un web talk della serie Digital Transformation Tools organizzata da EconomyUp con P4i (clicca qui per rivederlo).

L’affermazione suona ancora più significativa se letta alla luce del contesto in cui ci stiamo trovando a vivere e a operare da ormai tre anni: uno stato permanente di incertezza. Prima la crisi sanitaria con i lutti, i lockdown e la conseguente crisi economica. Appena la pandemia sembrava lasciata indietro, il ritorno della guerra in Europa con effetti sociali ed economici tutti da capire.

La società dell’incertezza è il titolo di un libro di Zigmunt Bauman, sociologo e filosofo conosciuto per la teorizzazione della società liquida. Nel nostro mondo postmoderno non c’è posto per la stabilità e la durata, è la tesi. È, quindi, il momento di nuove strategie di vita. Il volume arrivò in libreria nel 1999, all’alba del nuovo millennio: è stata certamente anticipatore di cambiamenti ormai diventati percezione comune.
Prima la globalizzazione e poi la digitalizzazione hanno accresciuto l’instabilità dei mercati. Siamo da tempo tutti in un vortice che viene descritto con l’acronimo VUCA (Volatility, Uncertainty, Complexity, Ambiguity). Le crisi non fermano queste vortice, anzi in molti casi lo accelerano, come abbiamo visto con la pandemia e i suoi effetti di accelerazione sull’adozione di pratiche e strumenti digitali.
Siamo entrati in una Nuova Economia dell’Incertezza, alimentata da virus, scosse geopolitiche, disastri naturali. E ci ritroviamo in una dimensione in cui concetti come resilienza e anti fragilità non sono più optional ma accessori necessari per la conduzione di qualsiasi impresa. Ma ce n’è un altro indispensabile: l’innovazione .
Se l’incertezza aumenta la velocità del VUCA, non può certo diventare la causa (o il pretesto) di ingiustificate frenate nelle attività di trasformazione digitale, cambiamento culturale e organizzativo delle aziende. Anzi, l’incertezza deve diventare uno stimolo a giocare d’attacco più che in difesa, per usare una metafora calcistica, perché se correttamente gestita può diventare una componente produttiva dell’innovazione.
È normale e istintivo, di fronte a un’emergenza, reagire intervenendo sui costi  perché il primo obiettivo è sopravvivere. Ma l’innovazione continua, semmai con maggiore apertura verso l’esterno e le startup e con maggiore velocità di implementazione, come del resto abbiamo visto durante i mesi più difficili della pandemia.
Ritirarsi o rimandare può sembrare una buona mossa a breve termine ma a lungo diventa un handicap che può compromettere la ripresa e la vita stessa dell’azienda. Certamente è una questione di visione e di metodologie per pianificare ciò che non è possibile prevedere, facendosi guidare anche dalle tecnologie per realizzare nuovi scenari.
ll settore assicurativo, come tutta l’industria dei servizi finanziari, ha di fronte anni decisivi, di sfide e opportunità. La sua capacità di comprensione, analisi e gestione dei rischi è un vantaggio che può rendere se ben coniugato con la potenza delle tecnologie digitali. Altrimenti rischia, sì, di diventare la conoscenza utile per rileggere il passato senza comprendere il futuro. Non solo: nell’ Era dell’Incertezza la domanda di protezione è destinata a crescere, a tutti i livelli, dall’individuo alle organizzazioni, dal mondo fisico alla dimensione digitale. Le risposte sono pronte?
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Giovanni Iozzia

Direttore di EconomyUp, InsuranceUp e Proptech360, ha studiato sociologia ma da sempre segue la tecnologia. È stato direttore di Capital, vicedirettore di Chi e condirettore di PanoramaEconomy.

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