Il lato oscuro dei big data secondo il filosofo Luciano Floridi

Nel 2012 sono stati prodotti più dati che nei precedenti 5.000 anni. Ma il monopolio è delle big company. Luciano Floridi, docente ad Oxford ed esperto di etica informatica, spiega l’affare del terzo millennio e le sue distorsioni

Pubblicato il 05 Mag 2016

Nel 2012 sono stati prodotti più dati che nei precedenti 5.000 anni e il 90% dell’informazione di cui disponiamo è stata creata negli ultimi due anni. Dai graffiti preistorici nelle caverne fino al 2013 l’uomo ha prodotto 4,4 ZB di dati e dal 2013 al 2020 si prevede che ne produrremo 44 ZB. Così afferma Luciano Floridi, auterovelo esperto di etica informatica, docente all’Università di Oxford,  noto in tutto il mondo per il suo pensiero sulla filosofia dell’informazione e l’etica informatica.

Il petrolio del Terzo Millennio, ovvero il business dei dati, ha il suo lato oscuro: sebbene sia una indiscutibile risorsa, chi attualmente ne trae vantaggio? ” Il monopolio del data business, secondo Floridi,  è attualmente delle big companies: il fatturato da pubblicità online di Google e poche altre aziende californiane è pari al Pil della Svezia.

“Le big companies hanno il monopolio del controllo sulle domande che generano informazione sulle cose. E lo hanno ottenuto dirottando l’economia del dono: io regalo le informazioni ai clienti, anzi agli utenti – precisa Floridi – perché in cambio ottengo i loro dati. E sono quelli i beni che mi fanno guadagnare”. Questo meccanismo influisce sulle nostre società perché le rende incerte: nelle società liberali noi possiamo porre domande, ma le risposte che otteniamo sono spesso molteplici e incerte, perché la loro gestione è monopolizzata dai motori di ricerca, ovvero da Google. Dice Floridi, parafrasando Orwell e il suo 1984: “Chi controlla le domande dà forma alle risposte e chi controlla le risposte dà forma alla realtà”.

“Negli Stati Uniti l’attività di lobbismo sui due principali partiti politici è legale e trasparente. Non è stato quindi difficile scoprire che negli ultimi due semestri Google ha speso per questa attività più della Lockheed Martin e di Big Pharma, due storici colossi dell’economia a stelle e strisce. Investono così tanto per tenersi buono il governo – continua Floridi – perché sanno di avere i piedi d’argilla”.

“Una cultura sviluppata non si preoccupa soltanto di accumulare dati, ma ne ha anche cura: li analizza, li inserisce in un contesto, li interpreta. Oggi invece la velocità dell’informazione cancella e riscrive in un ciclo continuo. Potremmo finire imprigionati in un perenne ‘adesso'”.

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