Intelligenza artificiale, l’avanzata nelle assicurazioni

Una compagnia giapponese, prima al mondo, ha sostituito alcuni dipendenti con un software. Altri casi seguiranno, perché la ricerca evolve, le startup propongono applicazioni innovative e i venture capitalist investono sempre di più

Pubblicato il 31 Mar 2017

Fukoku è la prima assicurazione al mondo ad avere licenziato pubblicamente 34 dipendenti per sostituirli con un software di intelligenza artificiale. È solo l’inizio. Nel 2017 le intelligenze artificiali diventeranno sempre più comuni e sempre più utilizzate.

Fukoku Mutual Life Insurance questo è il nome completo dell’azienda – ha sede in Giappone ma la tecnologia che utilizza è disponibile anche in Europa. Il costo di manutenzione dell’intelligenza artificiale è di circa €120.000 l’anno, meno dello stipendio di due analisti.

In questo momento, chi studia all’università matematica o economia con la speranza di entrare nel mondo del lavoro come analista ha buone ragioni per essere preoccupato.

Il sistema operativo della Fukoku non è stato creato da qualche oscura startup di Silicon Valley, ma dalla IBM, una società presente in 170 paesi, quasi quanto le Nazioni Unite (196 paesi).

L’Istituto di ricerca Nomura prevede che la metà dei lavori in Giappone potranno essere sostituiti da robot entro il 2035. Quando questo studio è stato reso pubblico molti analisti hanno espresso la loro simpatia verso i colletti blu, colpevoli di avere scelto dei lavori “sostituibili”. Poi la Fukoku ha licenziato 34 laureati in cambio di un unico robot, ed hanno capito che i lavori sostituibili non sono più solo quelli manuali. L’espressione di simpatia oggi è stata sostituita da un nodo allo stomaco.

Nel 2017 la crescita della intelligenza artificiale arriva da due direzioni. Le grandi aziende spingono le intelligenze artificiali dall’alto, spostando nel loro campo una serie di processi prima gestiti dall’uomo. Nello stesso momento, le startup spingono le intelligenze artificiali dal basso, allargando l’accesso a chiunque abbia uno smartphone. In questo scontro le startup sono aiutate dal cambio generazionale.

Nel 2016 i Millennials—nati tra il 1984 ed il 1997— sono diventati la più grande forza lavoro nella storia degli Stati Uniti, superando i Boomers, la generazione del dopoguerra. Il prossimo anno la Generazione Z—nati dopo il 1997—potrebbero superare i Millennials.

Sono due generazioni di “nati digitali” per un totale di 153 milioni di lavoratori solo negli Stati Uniti, contro 77 milioni di Boomers. Due generazioni che non vedono nulla di strano ad avere i propri risparmi gestiti da una intelligenza artificiale e le proprie vacanze organizzate da un’altra.

Mediamente i Millennials hanno pochi risparmi ma i loro numeri sono così alti da rendere l’investimento estremamente interessante. Piccoli investitori e Venture Capital continueranno a pompare denaro nelle startup legate alle intelligenze artificiali ancora per un bel pezzo.

Non ci sarà una bolla ma piuttosto una situazione simile agli investimenti nella Green Tech, la tecnologia legata all’energia energia verde. Qualche anno fa—in piena era Obama—i Venture Capital si sono innamorati delle tecnologie che promettevano di combattere il riscaldamento globale. Bravi venditori hanno raccolto centinaia di milioni per poi fallire. Bravi ingegneri hanno creato tecnologie che non sono fallite e stanno continuando a crescere.

Per chi investe in startup è difficile distinguere tra l’uno e l’altro. Una laurea in ingegneria non è sufficiente a creare un innovatore. Un dato sicuro è che le intelligenze artificiali sono un ottimo mercato su cui investire nel 2017. Un dato altrettanto sicuro è che molti progetti andranno in fumo.

In un mercato così volatile, ognuno di noi sviluppa un proprio sistema per aumentare le possibilità di successo dei propri investimenti. Uno dei sistemi più curiosi è quello di Peter Thiel, uno dei fondatori di PayPal ed uno degli investitori che ha cavalcato meglio il momento di amore folle per la Green Tech.

Durante l’intero periodo di boom della Green Tech, Peter Thiel non ha investito in alcuna startup i cui fondatori si presentavano in giacca e cravatta. Potete rimanere scandalizzati, ma anche nell’avanzatissima Silicon Valley l’abito fa il monaco. Anzi l’abito fa l’ingegnere.

(originariamente pubblicato su EconomyUp)

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