Tre motivi per cui l’insurtech non eliminerà gli agenti assicurativi (per il momento)

L’alfabetizzazione digitale non è ancora completa; il prodotto assicurativo richiede riservatezza ed è sempre complesso e personale. Il founder di una startup, che ha lanciato una piattaforma di CRM per agenti, spiega perché la figura del broker non è destinata a scomparire in tempi brevi

Pubblicato il 01 Feb 2017

Uno dei concetti che sento spesso ripetere in questo periodo è che con lo sviluppo delle nuove tecnologie la professione dell’agente assicurativo è destinata a scomparire in tempi relativamente brevi. Secondo molti sostenitori di questa teoria elementi come l’uso dell’A.I. (Intelligenza Artificiale) e in parallelo algoritmi per il Data Mining sempre più accurati – in grado per esempio di fare predizioni su quello a cui un cliente è possibilmente interessato – porteranno in pochi anni alla riduzione dei professionisti addetti alla gestione dei rapporti con i clienti e alla creazione di offerte specificatamente dedicate in favore di chatbot – piccoli software in grado di interagire via chat simulando un operatore umano – e in generale di altri operatori virtuali o portali di confronto assicurativi.

A mio parere si tratta di una visione molto affascinante ed interessante dal punto di vista teorico, ma piuttosto distante da quello che è il contesto attuale e le previsioni a medio-lungo termine per il mondo assicurativo italiano (e non solo). Indubbiamente il rapporto tra insurtech (IoT, mobile app, chatbot…) e assicuratori si sta stringendo con ritmi vertiginosi, recuperando in breve tempo il gap tecnologico che affliggeva il settore fino a qualche anno fa. E’ altrettanto certo che le nuove tecnologie (Social, web, mobile…) stanno mutando le abitudini del pubblico e ciò obbliga le assicurazioni a prepararsi ed adeguarsi al cambiamento, partendo dalle persone e dalle reti commerciali, come ha sottolineato in una recente intervista all’Ania il Direttore Generale di Reale Mutua Luca Filippone.

Tuttavia la presenza dell’agente assicurativo “in carne e ossa” è considerata indispensabile per una serie di motivi:

1) Il processo di alfabetizzazione tecnologica è ancora ben lontano dall’essere considerato compiuto, il che comporta un’oggettiva difficoltà di utilizzo delle nuove tecnologie da parte di una grossa fetta della popolazione.

2) Il prodotto assicurativo (inteso in particolare come protezione finanziaria, integrazione previdenziale o tutela del proprio patrimonio immobile) viene percepito come una questione delicata e confidenziale, che richiede riservatezza ed estrema protezione dei dati. Tale aspetto e, più in generale, la tutela della privacy on-line (come dimostrano anche recenti casi) è ancora un argomento piuttosto spinoso da affrontare e viene percepito con sentimenti di forte insicurezza e diffidenza da parte del pubblico.

3) Il cliente tende a percepire l’assicurazione come qualcosa di complesso e molto personalizzato che richiede soluzioni su misura e ciò lo spinge a prediligere ancora un’agenzia fisica a soluzioni virtuali, dato che emerge anche da un recente intervento di Marco Sesana (A.D. di Generali Italia) durante l’Annual delle Assicurazioni organizzato dal Sole 24 Ore.

Per questi motivi credo che più che gli anni dell’A.I. stiamo vivendo gli anni dell’ “Account Based Selling” dove è centrale il rapporto diretto con il cliente (ovvero l’“Account”) e uno studio attento e misurato delle sue specifiche necessità. Trattare un singolo acquirente o una specifica categoria come se fossero un intero settore di marketing richiede una capacità empatica, relazionale e strategica che, al momento, solo il venditore in carne e ossa può gestire con piena padronanza. Quello che serve all’agente assicurativo di oggi e dei prossimi anni è ridurre i tempi tecnici, ottenere informazioni in maniera organizzata, ottimizzare i propri sforzi e gestire al meglio le relazioni con i colleghi e il team di vendita.

La strada che ritengo più percorribile è quindi legata all’utilizzo delle nuove tecnologie a supporto e integrazione di ciò che l’assicuratore fa oggi e l’esperienza che stiamo maturando con Sellf CRM ci sta dando forti conferme in questo senso, essendo appunto un software di CRM (customer relationship manager) mobile progettato proprio per massimizzare l’efficacia dell’azione dell’agente con il cliente finale. Per come la vedo quindi, CRM, app dedicate, sistemi di risposta automatica e simili, non devono essere visti come minacce per l’assicuratore ma come strumenti che lo aiutino adottimizzare i tempi, velocizzare certe attività, ridurre il rischio di dimenticanze o errori, fornire attraverso i processi di data analysis una risposta sempre più a misura dell’esigenze dei propri clienti.

Per concludere, penso che una delle keyword per l’insurtech 2017 potrebbe essere “complementarietà”, parola perfetta per descrivere il presente e il futuro prossimo, basati sul supporto all’assicuratore e non sulla sua sostituzione. Del resto, parafrasando una recente pubblicità, non c’è nessuna tecnologia evoluta come “l’occhio” umano.

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