Dematerializzazione nelle assicurazioni, dal contrassegno alla blockchain

La scomparsa del tagliando di carta sui parabrezza delle auto è stato solo l’inizio. Il futuro riserva ancora molto altro, dalle polizze mobile first alle micro-assicurazioni, fino alle applicazioni rese possibili dalla “catena di blocchi”

Pubblicato il 30 Ott 2018

In che modo possiamo declinare la dematerializzazione in ambito assicurativo? La parola “dematerializzazione” è di matrice burocratica, legata alla Pubblica Amministrazione, anche un pò antipatica, eppure, rappresenta uno degli effetti più positivi della digitalizzazione, poichè libera cittadini, aziende, clienti, ammistrazioni, dalla documentazione cartacea.

Per le assicurazioni la dematerializzazione ha significato per i cittadini italiani sopratutto una cosa: l’addio al tagliando di carta, avvenuta a fine 2015, il contrassegno assicurativo che ogni automobilista era obbligato ad esporre sul parabrezza dell’auto. Finalmente, grazie a un miglioramento dei sistemi informatici di vari enti e società, e a banche dati che ora sono in grado di comunicare tra loro, è sufficiente alle Forze dell’Ordine un controllo elettronico per verificare attraverso la targa dell’auto se questa ha la copertura assicurativa.  Lo spiega un semplice ed efficace dossier dell’Ania che indica anche il motivo per cui si è adottato questo sistema: i tagliandi di carta sono più facili da falsificare e la compravendita di contrassegni falsi è un fenomeno molto diffuso nel nostro Paese.

Ma questo probabilmente non è il solo vantaggio, per esempio, grazie alla diminuzione delle frodi, gli automobilisti dovrebbero contare anche su una diminuzione del costo delle polizze. Inoltre, il punto di arrivo del nuovo contrassegno ha dietro un imponente sforzo digitale delle compagnie, che hanno dovuto introdurre nuove tecnologie, nuovi processi, nuove forme di organizzazione del lavoro, e si sono così migliorate.

Ma abbracciando più ampiamente il concetto di dematerializzazione in ambito assicurativo, vediamo che esso può ricomprendere molte altre cose, in particolare le tecnologie mobile e blockchain.

Alla dematerializzazione delle polizze via mobile stiamo già assistendo: tutte le startup insurtech emergenti (che sono tutte tendenzialmente mobile first o mobile only) nascono “dematerializzate”.  Questo significa che nessuno spargimento di carte sarà fatto: tutto avviene tramite l’applicazione, a volte in pochi clic e nell’arco di secondi: la scelta della polizza, la conferma dell’acquisto, l’attivazione (da parte dell’assicuratore) della polizza e l’invio tramite mail (o addirittura altri canali come facebook) del contratto, la gestione del sinistro.

Facciamo un esempio, richiamando il caso della startup newyorchese Lemonade, di cui abbiamo parlato in diverse occasioni poichè offre moltissimi spunti di riflessione.

Oltre ad essere un’assicurazione peer-to-peer, certificata “benefit corporation”, mobile first, che applica intelligenza artificiale ed economia comportamentale, è anche “100% paperless, zero paperwork”, anche nella gestione dei claim. Lo scorso gennaio ha fatto persino parlare di sè per aver risolto il risarcimento di un cliente assicurato in 3 secondi. 

Ciò è perfettamente indicativo di come un processo completamente digitalizzato e automatizzato, con una tecnologia di intelligenza artificiale che lavora con i dati in modo trasparente, immediato, possa fare cose incredibili.

La dematerializzazione abilita anche modelli di business altrimenti improponibili, per esempio nelle polizze on-demand, sottoscritte al momento del bisogno, magari per un lasso di tempo breve.

Prendiamo il caso di Cuvva, una startup scozzese focalizzata solo sul settore auto, rispetto al quale offre un servizio che tante persone hanno sempre sognato: una polizza auto temporanea, commisurata a un uso effettivo, on-demand. Con un abbonamento mensile compreso tra le 10 e le 30 sterline, a seconda della vettura e alla città in cui si vive, si copre il rischio legato a un’auto “ferma”. Alla necessità, cioè quando l’assicurato intende usare la vettura, tramite l’applicazione Cuvva si effettua una sorta di “rabbocco” dell’abbonamento, a partire da 1,20 sterline all’ora, solo per il tempo che si prevede di guidare.

Ma prendiamo anche il caso di Neosurance, startup italiana che ha sviluppato una tecnologia per le compagnie basata su intelligenza artificiale, che permette la vendita di micro coperture personalizzate via notifiche push che arrivano direttamente sullo smartphone.

Come potrebbero mai modelli così esistere in un contesto basato sulla dittatura della carta, come sempre avvenuto?

La dematerializzazione e il mobile possono anche rappresentare l’unica opportunità di accesso a servizi come quello assicurativo in mercati emergenti, in cui ai cittadini di base manca tutto, ma non il telefonino. La svedese BIMA in questo contesto ci ha costruito il business, offrendo micro-assicurazioni: la società stringe partnership con operatori di telefonia mobile e compagnie di assicurazione, in sostanza fa da ponte tra questi due provider per fornire polizze vita, salute e infortuni tramite telefono cellulare. La tariffa è bassissima, integrata nella prepagata, l’esperienza seamless. Una cosa possibile solo nell’epoca della dematerializzazione.

Ma passiamo alla frontiera più estrema della dematerializzazione, la tecnologia blockchain.

Le applicazioni della blockchain in contesti solitamente molto burocratizzati, nella contrattualistica, nei pagamenti, nell’identificazione di persone o aziende, nell’amministrazione ecc, sono talmente potenti che ovviamente il mondo bancario e anche quello assicurativo (ma anche le grandi corporation e le istituzioni) ci stanno facendo parecchie considerazioni.

Perchè c’è una cosa che la blockchain promette di fare meglio della carta, superando l’adagio latino “scripta manent, verba volant” : garantire le informazioni, la loro provenienza, la loro tracciabilità. In sintesi, si tratta di un sistema digitale di decentralizzazione, cioè che abilita una serie di operazioni online senza la necessità di un’autorità centrale o intermediario di fiducia;  e che offre la possibilità di inviare, ricevere e memorizzare informazioni in un cosiddetto ledger, cioè un database inattaccabile in quanto decentrato e diffuso, ripartito tra soggetti indipendenti tra loro.

Il potere della blockchain risiede nella sua capacità di alimentare nuove modalità di transazioni finanziarie, migliorare i processi di assicurazione esistenti, e tenere traccia dei documenti (digitali).  Le valute digitali basate su blockchain possono supportare molti nuovi modelli assicurativi, in particolare le micro assicurazioni e il P2P. Molte delle applicazioni blockchain potrebbero essere raggruppate in una nuova categoria di “smart contracts” cioè contratti intelligenti: in termini semplici, questi contratti sarebbero software sviluppato ed eseguito all’interno di un sistema blockchain. Dal momento che questa tecnologia è inviolabile (e senza intervento umano), possiamo cominciare a sviluppare e automatizzare le applicazioni che coinvolgono molteplici attori in cui la fiducia è una preoccupazione.

Con lo smart contract la dematerializzazione raggiunge il suo apice, trasformando un contratto in software. 

Sperimentazioni queste direzioni se ne stanno già facendo, per esempio, la startup Stratumn, Deloitte e il fornitore di servizi di pagamento Lemonway hanno recentemente presentato una soluzione abilitata dalle tecnologie blockchain chiamato LenderBot. Si tratta di una micro-assicurazione pensata proprio per tutelare i clienti di servizi che rientrano sotto l’ampio ombrello della sharing economy. LenderBot permette alle persone di sottoscrivere micro-assicurazioni personalizzate semplicemente chattando tramite l’App di Facebook Messenger. L’obiettivo è quello di assicurare prodotti ad alto valore scambiati tra gli individui, eliminando l’intervento di un’autorità garante (super partes) nel contratto di assicurazione.

Il gigante assicurativo giapponese Tokio Marine & Fire Insurance Nichido, insieme a un altro colosso ma dell’information technology, la NTT Data Corporation, ha invece iniziato la sperimentazione della tecnologia blockchain per la definizione delle polizze nel settore degli scambi commerciali in particolare quelli marittimi.

Altre sperimentazioni ancora vi sono nel settore dei Cat Bond,  i derivati emessi dalle assicurazioni per ripartire con altri investitori i rischi connessi alle polizze a copertura di catastrofi naturali. Un campo di applicazione per la tecnologia blockchain su cui già sperimentano la giapponese Sompo Holdings e Allianz .

Il livello di dematerializzazione che permette di raggiungere la blockchain è probabilmente insuperabile, anche perchè è una tecnologia che può mettere al riparo dai rischi cibernetici che incombono sul mondo digitale.

In alcuni contesti, si è già oltre la sperimentazione: il colosso cinese dell’insurtech ZhongAn sta lavorando con i servizi amministrativi dei 100 ospedali partner per portare su blockchain i dati sanitari e assicurativi dei pazienti e provvedere così all’erogazione automatica dei rimborsi. Un sistema che sarebbe senza rischi per la privacy e per i dati sensibili dei pazienti proprio grazie alla sicurezza della blockchain.

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