Ecosistema Open Insurance in Italia: a che punto siamo e quali sono gli ostacoli?

L’Ecosistema Open Insurance in Italia è ancora in fase di sperimentazione. La spinta a rispondere alle nuove esigenze dei clienti porta allo sviluppo delle partnership ma è cruciale la questione dei dati: conta la disponibilità dei clienti a condividerli e la capacità di garantire la sicurezza dello scambio

Pubblicato il 14 Lug 2021

Maura Valentini

Web Editor

Photo by Hans-Peter Gauster on Unsplash

Parlare di Open Insurance significa parlare di Ecosistema Open Insurance. Così come è successo con l’Open Banking, il modello di assicurazione aperta sposta il focus dalla singola compagnia a una rete aperta e collaborativa di attori, legati tra loro dalla condivisione dei dati, per la creazione sinergica di nuove offerte e servizi sempre più vicini ai nuovi bisogni del consumatore digitale.

L’ecosistema Open Insurance in Italia è stato il tema di una delle tavole rotonde che hanno accompagnato la presentazione del report 2021 dell’Osservatorio Open Insurance di Italian Insurtech Association, che scatta una fotografia dello stato attuale del modello di assicurazione aperta in Italia e delle sue prospettive.

Dal dibattito è emerso il quadro di un ecosistema ancora agli albori, in fase fortemente sperimentale, ma spinto dall’accelerazione digitale portata dalla pandemia e dalla nascita di nuovi bisogni e abitudini di un cliente sempre più disposto a concedere i propri dati per avere servizi più vantaggiosi e personalizzati.

Il dato è la questione centrale attorno a cui ruota il futuro dell’Open Insurance: quanto il cliente assicurativo è disposto a condividere?  Che cosa chiede in cambi? Come garantire la sicurezza di questo scambio?

Ecosistema Open Insurance in Italia, il quadro attuale

Esattamente come è accaduto per l’Open Banking, la pandemia è stato un fondamentale acceleratore del processo di trasformazione digitale. Come sottolinea Michele Serra (Generali Jeniot), l’emergenza sanitaria ha determinato un’evoluzione dei processi operativi core delle aziende assicurative, come sottoscrizione e post vendita, incoraggiando in molti player anche tradizionali un modello ibrido, dove il contributo umano si focalizza perlopiù su consulenza e processi a maggior valore, lasciando le attività più meccaniche agli strumenti digitali.

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Parallelamente nel settore assicurativo comincia a svilupparsi un’ottica di ecosistema, con la creazione di offerte in partnership tra diversi player (anche non assicurativi) per offrire ai clienti servizi sempre più completi.

L’Italia si trova ancora in una fase di sperimentazione, sia in termine di prodotto sia di processo” fa notare Francesco Dal Piaz, Country Manager Italy & Spain di WAKAM. “Rispetto ad altri Paesi, come Francia e Spagna, sono ancora timide le spinte da parte del Governo, le politiche di R&D e i conseguenti livelli di investimento generati”

È, tuttavia, sempre più forte una spinta a soddisfare le nuove esigenze del consumatore digitale attraverso un nuovo modello di prodotti e servizi assicurativi, appunto, digitali, e sempre più integrati.

Un esempio è la collaborazione tra la mobile challenger bank Hype e la piattaforma Fabrick, come spiega Fabio Simonutti (Fabrick): “Grazie all’Open Insurance, Hype incorpora tra i suoi servizi una serie di prodotti assicurativi attivabili in app. Questo genera un valore sinergico tra challenger bank, che rafforza la sua offerta, e la piattaforma, che ha così la possibilità di accedere un bacino clienti già selezionato e verificato, interessante target per le sue offerte.”

Condivisione dei dati: qual è il livello di disponibilità del cliente?

La prontezza alla condivisione dei propri dati è un tema su cui il consumatore italiano rappresenta un’eccellenza internazionale: già da oltre 10 anni in Italia il cliente condivide dati personali sensibili e sofisticati (quelli della geolocalizzazione, ad esempio) con la compagnia assicurativa tramite le scatole nere, per usufruire di servizi di connected insurance e usage based insurance applicati alle auto.

Naturalmente, il consumatore si aspetta un ritorno in cambio della condivisione di informazioni personali. Nel caso della usage based insurance, questo ritorno si concretizza soprattutto in un sistema di pricing e gestione del prodotto assicutativo più sofisticato, a misura dello stile di guida del cliente , ma anche in una serie di servizi aggiuntivi, come l’invio di mezzi di soccorso (ambulanze, polizia) in caso d’incidente.

Senz’altro, esattamente come è già avvenuto per l’Open Banking, per avere successo la condivisione del dato in un contesto di assicurazione aperta dovrò essere ricambiato da un beneficio reale e percepito dal cliente, o di costo – specialmente nella fase iniziale della transizione – o di efficienza ed efficacia del servizio a partire dalla facilità di attivazione e di gestione.

“Gamification e reward possono essere buoni incentivi” precisa Del Piaz, “ma il futuro sarà degli operatori che sapranno raccogliere i dati e usarli per un’esperienza di fruizione seamless, senza soluzione di continuità, realizzata attraverso l’API e con un’evoluzione sulla prevenzione e mitigazione del rischio”.

Gestione del dato, la questione sicurezza

Uno dei grandi ostacoli che il modello di Open Insurance dovrò superare è quello del difficile equilibrio tra condivisione aperta del dato e sicurezza nella gestione del processo, in tutte le sue fasi di passaggio tra i diversi attori.

L’IVASS (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni) ha espresso preoccupazioni riguardo alla riservatezza dei dati, particolarmente sensibili nel settore assicurativo in quanto, come ricorda il Segretario Generale Stefano De Polis, “si tratta anche di informazioni relative ad esempio alla salute del cliente, al suo comportamento o alla sua mobilità, controllata da black box o altri device personali e domestici”.

È necessario quindi un approccio che si concentri sulla garanzia di riservatezza per il cliente. Per questo, spiega Serra, in un sistema che implementi correttamente il modello Open Insurance, “lo scambio dei dati è gestito tramite presidi operativi e di processo (preudonimizzazione e anonimizzazione dei dati) e presidi organizzativi (best practice internazionali e segregazione tra compagnie e società di servizio)”.

La chiave è e dovrà sempre essere sempre la trasparenza: permettere al cliente di capire come vengono gestiti i suoi dati e poter dare un consenso informato su quali condividere e con quali attori. Il tutto proposto chiaramente e gestibile con la massima facilità possibile.

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Maura Valentini
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Laureata in lingue orientali, sono un'amante di Giappone e innovazione. Nel gruppo Digital360 dal 2020, scrivo per le testate EconomyUp e InsuranceUp.

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