Nel video, tratto dagli interventi del primo Insurtech Summit italiano, Filippo Renga, direttore dell’Osservatorio Fintech e Insurtech del PoliMi, presenta uno spaccato del mercato insurtech del nostro Paese.
Che al momento è ancora piuttosto contenuto, molto meno sviluppato del fratello fintech, ma è vivace, sottolinea l’analista e con proprie caratteristiche.
La crescita nell’ultimo anno è stata importante, ma gli investimenti limitati, molto meno di altri sistemi, quest’anno non hanno raggiunto i 200 milioni, con finanziamenti medi molto bassi e molto concentrati su alcune aziende.
Ma come si comportanto le startup insurtech? Soprattutto cercano collaborazioni nell’ecosistema.
Il desiderio delle startup italiane è di collaborare: con istituti finanziari, incumbent assicurativi, o con istituti non finanziari, e con altre startup.
Insomma, forse anche a fronte di un sistema del venture capital poco reattivo, le startup insurtech italiane hanno un approccio industriale più che finanziario, di crescita sana, con collaborazioni e azioni di ecosistema.
Lato domanda, come si vede nel grafico, l’indagine è andata a verificare come i servizi innovativi fanno presa sulle persone, scoprendo che in tanti conoscono (barra verde) i servizi fintech e usano (barra blu) gli stessi; meno conosciuti ma presenti sono i servizi insurtech.
La lettura dei dati guardando alla botte piena è che il contesto è ancora piccolo, ma evidenzia opportunità, perché c’è soddisfazione da parte dei clienti.
“Lato offerta c’è possibilità e c’è necessità di innovazione, – sottolinea Renga – ma bisogna prendersi qualche rischio, altrimenti non ci sono risultati. Bisogna innovare in maniera corretta e cogliere quello che il consumatore cerca; l’insurtech è vero che è indietro rispetto a fintech, ma con iniziative di ecosistema e anche sfruttando la leva dell’open insurance e dell’open finance si può allargare il perimetro a una serie di soggetti che possono aiutare l’innovazione”.
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