L’industria della longevità: che cos’è e perché è un’opportunità di innovazione

Bisogna investire sulle persone anziane e sulle loro esigenze: è l’invito che arriva da Nicola Palmarini, direttore del National Innovation Center for Ageing del governo inglese. Che sottolinea: la cura non è solo una questione sanitaria

Pubblicato il 02 Mar 2022

Photo by Matt Bennett on Unsplash

“Credo che se investissimo in longevità (essendo noi gli indiscussi maestri mondiali, i numeri non mentono) al pari di moda, design, cibo e arte, avremmo un driver di crescita di PIL che in UK i miei colleghi dell’ILC si sono presi la briga di calcolare definendo il cosiddetto “Longevity dividend”, dice Nicola Palrmarini, direttore del NICA, il National Innovation Center for Ageing del governo inglese. Lui e il suo team lavorano per definire modelli e politiche che considerano l’invecchiamento un valore e non uno svantaggio, partendo anche dalle politiche di prevenzione su cui tanto sta lavorando anche il mondo assicurativo.

Le statistiche dicono che viviamo sempre più a lungo e che vivremo ancora più a lungo. “Forse dovremmo riconsiderare le segmentazioni generazionali fatte fino ad oggi e, di conseguenza, i bisogni, i desideri e – certo – le capacità e conoscenze di noi Boomer”, spiega Palmarini in un’intervista a EconomyUp, e aggiunge: “Se entro il 2025 potessimo sostenere le persone di 75 anni e oltre per eguagliare la spesa dei 65-74enni, potremmo aggiungere l’8% all’anno al PIL entro il 2040. Il calcolo si concentra su aspetti macro-socio-economici, fortemente legati ai consumi e lavoro degli anziani”. Un area su cui l’insurance e l’insurtech può fare molto.

C’è quindi lo spazio per per creare un comparto di industria che ancora non riusciamo nemmeno ad immaginare. “Ridicolizziamo Bezos che dice di voler investire 3 miliardi nel settore della longevità”, osserva polemicamente Palmarini che suggerisce di  “dare supporto all’innovazione, parlo di “start-up”, “ricerca”, “intelligenza artificiale”, “cloud”, “lifestyle”…la parola “longevità”, per come dovremmo correttamente interpretarla, le interseca tutte e maledettamente bene in Italia, se solo qualcuno volesse accorgersene”

Qualche esempio concreto di cosa dovrebbe fare la nuova industria della longevità? “Siamo sempre troppo concentrati sulla cura anziché sull’evitare di doverla applicare. O meglio, siamo concentrati sul concetto di “cura sanitaria”, e poco sulla cura dell’anima, dello spirito, di noi stessi, delle nostre passioni, del nostro amore, della cura delle cose che ci fanno stare bene, compreso il curarsi dell’altro, una delle medicine più potenti anche per noi stessi. Per tutto questo mi chiedo: proprio perché, dopo il Giappone, abbiamo il secondo “serbatoio” più ricco al mondo di anziani perché non coinvolgerli anziché escluderli?”, si domanda retoricamente Palmarini.

“In Cina stiamo realizzando per il governo britannico un programma di innovazione e commercializzazione del business da diversi milioni di sterline, come parte del Fondo per la collaborazione internazionale. Il programma adotta un approccio da ecosistema a ecosistema, sostenendo i cittadini di entrambi i Paesi a invecchiare meglio e a vivere in modo più indipendente. È un programma pilota di un modello potenzialmente replicabile di fornitura di servizi con benefici commerciali a lungo termine e prevede la collaborazione con una serie di partner cinesi”, racconta Palmarini.

Due progetti del NICA aiutano a “visualizzare” su cosa dovrebbe lavorare una innovativa industria della longevità.  Il primo è City of Longevity. “Si tratta di una serie di toolkit per permettere alle città – con un particolare focus sulle città intermedie così come le definisce la World Bank con cui abbiamo co-firmato un rapporto sul tema – di sviluppare politiche di promozione di stili di vita più salutari attraverso le infrastrutture esistenti come ristoranti, musei, negozi”, spiega Palmarini. ” Ci sono troppe raccomandazioni disponibili e pochi programmi facilmente adattabili e misurabili, che possano permettere di disegnare una città capace di andare oltre a programmi storicamente fondamentali ma datati come le WHO Age Friendly Cities o i più recenti paradigmi della città dei 15 minuti”.

Il secondo progetto del NICA ha una forte componente tecnologica. Si chiama Internet of Caring Things ed è un programma finanziato a fine gennaio con 5 milioni di sterline dalla North of Tyne Combined Authority. In che cosa consiste? “Costruiremo nel nord-est dell’Inghilterra un epicentro industriale di innovazione centrato sull’internet delle cose legato all’invecchiamento e alla longevità”, racconta Palmarini. “.Ci tengo a chiarire il senso della parola “caring”. Non stiamo parlando qui dell’associazione logica (ma anche stereotipata) che associa “vecchiaia” a “healthcare”, quanto invece intendiamo esplorare il senso profondo della parola “cura”. Non soltanto qualcosa che si prende cura di me, ma anche il valore che si sprigiona attorno alle cose di cui io mi prendo cura, le cose che hanno un significato per me, o per me in relazione alle persone di cui mi curo”.

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