LA GUIDA

Open Insurance: definizione, breve storia e casi dell’assicurazione aperta

La condivisione di dati tra assicuratori, banche, startup e compagnie tech con lo scopo di creare nuovi prodotti integrati in diversi ecosistemi. È il modello Open Insurance, che cresce con l’insurtech

Pubblicato il 24 Giu 2021

Non solo polizze: il futuro dell’industria assicurativa guarda oggi a un modello open, basato sulla sinergia e le connessioni che possono nascere tra diversi settori fino a poco fa impermeabili. È questo modello a essere definito Open Insurance: si basa sulla condivisione di dati tra assicuratori, banche, startup e compagnie tech, con lo scopo di creare nuovi prodotti integrati che spaziano in diversi ambiti, dalla mobilità agli affitti e i rischi informatici. I ruoli tradizionali e i campi di azione e conoscenza diventano quindi concetti obsoleti, a favore di un flusso che collega molteplici tipologie di servizi per migliorare, infine, l’esperienza utente.

Vediamo allora cos’è l’Open Insurance, come funziona, e quali sono le sue implicazioni più importanti. Primo fra tutti la trasformazione del quadro competitivo:  di chi devono avere paura i player tradizionali della finanza e le compagnie assicurative? Delle startup o di Samsung, Volkswagen, Amazon, Facebook o Eni solo per citare alcuni nomi noti?

Open Insurance, la definizione

Essendo un fenomeno estremamente innovativo e ancora in costruzione, definire in modo univoco il concetto di Open Insurance non è facile. In generale, l’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (EIOPA) identifica il fenomeno come “la possibilità di accedere e condividere informazioni, sia personali che di carattere generale, relativi al mondo delle assicurazioni tramite le Application programming Interfaces [la tecnologia API]”.

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Open Insurance, breve storia

L’Open Insurance è di certo un fenomeno nuovo e ancora da plasmare, ma tutti gli esperti sono concordi nel sostenere che questo è destinato a cambiare radicalmente il mondo assicurativo, integrandolo con i servizi bancari e con piattaforme di più ampio respiro. In ambito Open Insurance, quindi, è più appropriato parlare di futuro invece che guardare al passato.

Così come l’Open Banking, comunque, il fenomeno ha le sue radici nella direttiva PDS2 dell’Unione Europea, entrata in vigore nel 2019. Questa chiede alle banche di aprire i propri API alle compagnie fintech e ad altre società terze, in modo che queste possano creare programmi e servizi personalizzati capaci di rispondere realmente alle nuove necessità degli utenti.

La direttiva sta già mostrando i propri effetti e sta contribuendo a rinnovare gli ecosistemi del mondo bancario, finanziario, e anche assicurativo.

L’Open Insurance in Italia

Qual è la situazione dell’open insurance in Italia? Il 70% tra insurtech e compagnie assicurative ha in atto sperimentazioni, ma solo il 5% è già maturo. Ecco i dati del primo Osservatorio Open Insurance di Italia Insurtech Association con Accenture

L’Open Insurance è un’onda già partita: il quadro in Italia

Gli ingredienti dell’Open Insurance

Il punto fondamentale dell’infrastruttura alla base dell’Open Insurance sono i sistemi di Application Programming Interface (API), che permettono di condividere le informazioni e far comunicare i dati, facilitando quindi la creazione di servizi integrati per diverse piattaforme.

Gli API sono alla base della programmazione di app e programmi e vengono spesso utilizzati dalle compagnie per integrare widget o vetrine digitali sul proprio sito, migliorando quindi l’esperienza di acquisto. Nel mondo bancario, per esempio, è proprio grazie agli API che gli utenti possono svolgere transazioni direttamente sui siti di e-commerce in modo sicuro e tracciabile.

Basandosi sui dati veri e propri degli utenti, i programmi e i servizi costruiti a partire dagli API riescono a rispecchiare le loro necessità e le abitudini di acquisto e utilizzo: una rivoluzione che nel mondo assicurativo, dominato generalmente da compagnie ormai considerate obsolete, si propone di mettere a disposizione dei clienti un nuovo universo di polizze e prodotti flessibili e personalizzabili.

La condivisione dei dati, ovviamente, avviene con il consenso degli utenti e con tutte le attenzioni del caso necessarie per tutelare la privacy e, se necessario, l’anonimato degli utenti coinvolti.

Come accennato l’Open Insurance fa a sua volta parte del più grande universo dell’Open Banking, che connette tra loro tutti i soggetti all’avanguardia operanti nell’ecosistema bancario e finanziario, in modo anche da permettere la creazione di servizi sempre più innovativi.

Lo sviluppo degli ecosistemi

Il meccanismo dell’Open Insurance permette di allargare l’ecosistema assicurativo ad altri attori. Le conseguenze sono evidenti: basta compartimenti stagni, ora i servizi collegano settori anche molto distinti, come lo sport, la mobilità e l’energia.

Un esempio sono i sistemi di smart home: grazie alla condivisione dei dati tra dispositivi di domotica intelligenti e mondo assicurativo è possibile creare polizze personalizzate che tengono conto dei rischi specifici di ogni zona e anche della situazione propria di ogni abitazione assicurata o controllata digitalmente.

Altro settore dal grande potenziale è quello della mobilità sostenibile, occupato soprattutto dalle compagnie di car, bike o scooter sharing. Grazie alla comunicazione dei dati tra aziende che forniscono i servizi e rispettivi partner assicurativi sarà possibile creare prodotti ad hoc studiati appositamente per questo nuovo settore.

Anche il mondo del wellness può beneficiare dell’Open Insurance: i dispositivi wearable, come smartwatch o altri sensori indossabili, permettono di immagazzinare importanti parametri relativi allo stato di salute degli utenti, da utilizzare per plasmare e proporre polizze appropriate.

Il risultato, in generale, consiste in servizi assicurativi al passo con i tempi e costruiti proprio a partire dalle necessità dei clienti, in tutti gli ambiti.

La crescita dell’Insurtech

Il settore delle assicurazioni digitali sta attraversando un momento di enorme crescita: nel 2020 il mondo insurtech ha toccato un nuovo record con 7,1 miliardi di dollari in investimenti a livello globale, un aumento del 12% rispetto all’anno precedente.

Per quanto riguarda l’Open Banking – che come abbiamo detto include anche l’Open Insurance – Accenture stima che il solo comparto europeo nel 2020 abbia mosso capitali per 61 miliardi di euro, il 7% di tutte le entrate generate dal mondo bancario. Il 99% delle compagnie ha infatti in programma di investire nelle nuove tecnologie.

L’Open Insurance, di per sé, è ancora agli albori, ma il trend è decisamente positivo e sta convincendo molti a lasciare da parte le operazioni tradizionali per creare un ecosistema sempre più integrato e aperto anche a settori legati solo in modo collaterale al mondo assicurativo. Secondo un sondaggio di Accenture, già oggi il 63% degli assicuratori si sono mobilitati per adottare sistemi che favoriscano un ambiente interconnesso.

Casi di Open Insurance

Sono tante le startup che hanno fatto proprio il modello dell’Open Insurance. Tra le prime ad approfittare delle sue potenzialità troviamo TrueLayer, scaleup fondata a Londra nel 2016 da due imprenditori italiani – Francesco Simoneschi e Luca Martinetti – con lo scopo aprire il mondo bancario tramite la condivisione di informazioni tramite API.

Nel 2018 TrueLayer ha avviato una collaborazione con la startup assicurativa Anorak per offrire polizze sulla vita grazie proprio alla direttiva PSD2 e ai sistemi di API, tramite i quali la compagnia è in grado di predire la copertura più adatta alle necessità dei clienti. Si tratta di una delle prime applicazioni della direttiva nell’ecosistema assicurativo.

Rimanendo in Europa altro esempio virtuoso è Wakam, compagnia francese attiva ormai in 13 Paesi, che offre servizi digitali per il mondo delle polizze su danni e infortuni. Tutti i suoi prodotti sono personalizzabili e immediatamente integrabili con le piattaforme di assicurati, broker e intermediari proprio grazie ai sistemi API

Altro attore di spicco è Arity, costola dell’americana Allstate Insurance Company che sta rivoluzionando il settore della mobilità e delle assicurazioni auto. Arity analizza le abitudini di guida dei clienti per offrire polizze personalizzate e premi o ricompense per coloro con un livello rischio particolarmente basso.

Anche il colosso insurtech Lemonade, valutato per più di 4 miliardi di dollari, ha lanciato il suo sistema di API nel 2017. Questo permette alle compagnie interessate, in tutti gli ambiti, di incorporare i servizi assicurativi offerti da Lemonade direttamente all’interno delle loro piattaforme, unendo così le polizze agli altri servizi offerti. Il sistema di API permette di accedere a preventivi rapidi, strutturare pacchetti personalizzati ed effettuare pagamenti in modo rapido e immediato, senza dover passare attraverso il sito di Lemonade.

La crescente interconnessione di diversi settori, inoltre, sta spingendo i colossi del tech – pensiamo ad Amazon, Google, Facebook e Apple ­– ad avvicinarsi sempre di più all’universo assicurativo. Per continuare a essere competitive su un mercato in profonda trasformazione le compagnie tradizionali non possono più ignorare la presenza di nuovi attori, ma anzi dovrebbero abbracciare il processo di trasformazione digitale e rinnovare i propri modelli operativi.

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Laura Loguercio

Lavoro nel desk video di un'agenzia stampa a Milano. Primo ho studiato Filosofia, poi ho scoperto il mondo del digitale. Scrivo di società, ma con un occhio per l’innovazione.

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