LA GUIDA

Open Insurance: definizione, breve storia e casi dell’assicurazione aperta

La condivisione di dati tra assicuratori, banche, startup e compagnie tech con lo scopo di creare nuovi prodotti integrati in diversi ecosistemi. È il modello Open Insurance, che cresce con l’insurtech

Pubblicato il 12 Set 2023

Non solo polizze: il futuro dell’industria assicurativa guarda oggi a un modello open, basato sulla sinergia e le connessioni che possono nascere tra diversi settori fino a poco fa strettamente separati. È questo modello a essere definito Open Insurance: si basa sulla condivisione di dati tra assicuratori, banche, startup e compagnie tech, con lo scopo di creare nuovi prodotti integrati che spaziano in diversi ambiti, dalla mobilità ai rischi informatici. I ruoli tradizionali e i campi di azione e conoscenza diventano quindi concetti obsoleti, a favore di un flusso che collega molteplici tipologie di servizi per migliorare, infine, l’esperienza utente.

Vediamo allora cos’è l’Open Insurance, come funziona, e quali sono le sue implicazioni più importanti.

Che cos’è l’Open Insurance?

Definire in modo univoco il concetto di Open Insurance non è facile. In generale, l’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (EIOPA) identifica il fenomeno come “la possibilità di accedere e condividere informazioni, sia personali che di carattere generale, relativi al mondo delle assicurazioni tramite le Application programming Interfaces [la tecnologia API]”.

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Open Insurance, breve storia

L’Open Insurance è un fenomeno relativamente nuovo, ma tutti gli esperti sono concordi nel sostenere che sia destinato a cambiare radicalmente il mondo assicurativo, integrandolo con i servizi bancari e con piattaforme di più ampio respiro.

Così come l’Open Banking, l’assicurazione aperta he sue radici nella direttiva PDS2 dell’Unione Europea, entrata in vigore nel 2019. Questa chiede alle banche di aprire i propri API alle compagnie fintech e ad altre società terze, in modo che queste possano creare programmi e servizi personalizzati capaci di rispondere realmente alle nuove necessità degli utenti. La direttiva sta già mostrando i propri effetti e sta contribuendo a rinnovare gli ecosistemi del mondo bancario, finanziario, e anche assicurativo.

Il quadro in Italia

Qual è la situazione dell’open insurance in Italia?

Qui la presentazione dell’ultima indagine realizzata dall’Osservatorio Open Insurance di Italian Insurtech Association con Accenture

Come funziona la tecnologia dietro all’open insurance?

Il punto fondamentale dell’infrastruttura alla base dell’Open Insurance sono i sistemi di Application Programming Interface (API), che permettono di condividere le informazioni e far comunicare i dati, facilitando quindi la creazione di servizi integrati per diverse piattaforme.

Gli API sono alla base della programmazione di app e programmi e vengono spesso utilizzati dalle compagnie per integrare widget o vetrine digitali sul proprio sito, migliorando quindi l’esperienza di acquisto. Nel mondo bancario, per esempio, è proprio grazie agli API che gli utenti possono svolgere transazioni direttamente sui siti di e-commerce in modo sicuro e tracciabile.

Basandosi sui dati veri e propri degli utenti, i programmi e i servizi costruiti a partire dagli API riescono a rispecchiare le loro necessità e le abitudini di acquisto e utilizzo: una rivoluzione che nel mondo assicurativo, dominato generalmente da compagnie ormai considerate obsolete, si propone di mettere a disposizione dei clienti un nuovo universo di polizze e prodotti flessibili e personalizzabili.

La condivisione dei dati, ovviamente, avviene con il consenso degli utenti e con tutte le attenzioni del caso necessarie per tutelare la privacy e, se necessario, l’anonimato degli utenti coinvolti.

Come accennato l’Open Insurance fa a sua volta parte del più grande universo dell’Open Banking, che connette tra loro tutti i soggetti all’avanguardia operanti nell’ecosistema bancario e finanziario, in modo anche da permettere la creazione di servizi sempre più innovativi.

Lo sviluppo degli ecosistemi

Il meccanismo dell’Open Insurance permette di allargare l’ecosistema assicurativo ad altri attori. Le conseguenze sono evidenti: basta compartimenti stagni, ora i servizi collegano settori anche molto distinti, come lo sport, la mobilità e l’energia.

Un esempio sono i sistemi di smart home: grazie alla condivisione dei dati tra dispositivi di domotica intelligenti e mondo assicurativo è possibile creare polizze personalizzate che tengono conto dei rischi specifici di ogni zona e anche della situazione propria di ogni abitazione assicurata o controllata digitalmente.

Altro settore dal grande potenziale è quello della mobilità sostenibile, occupato soprattutto dalle compagnie di car, bike o scooter sharing. Grazie alla comunicazione dei dati tra aziende che forniscono i servizi e rispettivi partner assicurativi sarà possibile creare prodotti ad hoc studiati appositamente per questo nuovo settore.

Anche il mondo del wellness può beneficiare dell’Open Insurance: i dispositivi wearable, come smartwatch o altri sensori indossabili, permettono di immagazzinare importanti parametri relativi allo stato di salute degli utenti, da utilizzare per plasmare e proporre polizze appropriate.

Il risultato, in generale, consiste in servizi assicurativi al passo con i tempi e costruiti proprio a partire dalle necessità dei clienti, in tutti gli ambiti.

Esiste una normativa per l’open insurance?

Con la crescente diffusione del modello, gli operatori del settore si aspettano che già nel corso del 2023 possano essere presentate proposte a livello europeo per una regolamentazione specifica dell’open insurance.

Qualcosa si sta muovendo in questa direzione: nel giugno 2022 l’EIOPA ha presentato i risultati della consultazione pubblica svolta nel 2021 assieme a un nuovo discussion paper sul tema. Dalla consultazione emerge che gran parte degli operatori del settore vedono con favore l’adozione di un quadro normativo simile alla PSD2 per la condivisione sistematica e obbligatoria dei dati in ambito assicurativo. Tuttavia, molti partecipanti sottolineano l’importanza di garantire che la regolamentazione non ostacoli le iniziative volontarie di open insurance basate sui contratti tra le parti.

Nel frattempo, diversi attori del panorama assicurativo hanno aderito a iniziative con l’obiettivo di stabilire standard comuni per le API e di portabilità dei dati per l’open insurance. Tra queste citiamo la Open Insurance Initiative Network (OPIN), a cui hanno aderito 61 imprese di tutto il mondo, la Free Insurance Data Initiative (FRIDA) e l’Osservatorio Open and Embedded Insurance in collaborazione tra Italian Insurtech Association e Accenture.

Open insurance, le stime per il futuro

L’open insurance è una delle grandi scommesse del settore assicurativo, sempre più digitale e interconnesso anche grazie al crescente paradigma embedded insurance.

Secondo l’ultima ricerca Open & Embedded Insurance realizzata da Yolo in collaborazione con l’Italian Insurtech Association (IIA), l’ingresso di player non assicurativi sul mercato spingerà la crescita dell’ecosistema assicurativo, portandolo da 5 a 10 trilioni nel 2030.

Embedded Insurance, la chiave della crescita: entro il 2030 varrà 60 miliardi di euro in Italia

Casi di Open Insurance

Sono tante le startup che hanno fatto proprio il modello dell’Open Insurance. Tra le prime ad approfittare delle sue potenzialità troviamo TrueLayer, scaleup fondata a Londra nel 2016 da due imprenditori italiani – Francesco Simoneschi e Luca Martinetti – con lo scopo aprire il mondo bancario tramite la condivisione di informazioni tramite API.

Nel 2018 TrueLayer ha avviato una collaborazione con la startup assicurativa Anorak per offrire polizze sulla vita grazie proprio alla direttiva PSD2 e ai sistemi di API, tramite i quali la compagnia è in grado di predire la copertura più adatta alle necessità dei clienti. Si tratta di una delle prime applicazioni della direttiva nell’ecosistema assicurativo.

Rimanendo in Europa altro esempio virtuoso è Wakam, compagnia francese attiva ormai in 13 Paesi, che offre servizi digitali per il mondo delle polizze su danni e infortuni. Tutti i suoi prodotti sono personalizzabili e immediatamente integrabili con le piattaforme di assicurati, broker e intermediari proprio grazie ai sistemi API

Anche il colosso insurtech Lemonade ha lanciato il suo sistema di API nel 2017. Questo permette alle compagnie interessate, in tutti gli ambiti, di incorporare i servizi assicurativi offerti da Lemonade direttamente all’interno delle loro piattaforme, unendo così le polizze agli altri servizi offerti. Il sistema di API permette di accedere a preventivi rapidi, strutturare pacchetti personalizzati ed effettuare pagamenti in modo rapido e immediato, senza dover passare attraverso il sito di Lemonade.

La crescente interconnessione di diversi settori, inoltre, sta spingendo i colossi del tech – pensiamo ad Amazon, Google, Facebook e Apple ­– ad avvicinarsi sempre di più all’universo assicurativo. Per continuare a essere competitive su un mercato in profonda trasformazione le compagnie tradizionali non possono più ignorare la presenza di nuovi attori, ma anzi dovrebbero abbracciare il processo di trasformazione digitale e rinnovare i propri modelli operativi.

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Laura Loguercio

Lavoro nel desk video di un'agenzia stampa a Milano. Primo ho studiato Filosofia, poi ho scoperto il mondo del digitale. Scrivo di società, ma con un occhio per l’innovazione.

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