Distribuzione assicurativa, Alessandro De Felice (Anra) fa il punto sull’IDD

In un Paese sottoassicurato come l’Italia, la nuova direttiva sulla distribuzione assicurativa può essere una svolta e una spinta all’innovazione, spiega a InsuranceUp il Presidente dell’Anra. Ma vi sono almeno un paio di punti critici su cui bisogna ancora lavorare: la formazione e la remunerazione dei broker

Pubblicato il 03 Dic 2018

Concetta Desando

Redattore

“Una buona occasione per tutto il mercato assicurativo, ma anche un’occasione persa e una sfida”. Sono questi i tre elementi che Alessandro De Felice, Presidente di Anra (Associazione Nazionale dei Risk Manager e Responsabili Assicurazioni Aziendali) vede nell’Insurance Distribution Directive (IDD), la nuova regolamentazione europea per la trasparenza in ambito assicurativo, operativa da ottobre anche in Italia. La Direttiva disciplina il modo in cui i prodotti assicurativi sono concepiti e venduti sia dagli intermediari assicurativi che direttamente dalle imprese di assicurazione, puntando in modo particolare sulla trasparenza e sulla tutela degli investitori.

In un Paese come l’Italia, tipicamente sottoassicurato, dove non viene percepito il valore aggiunto di una buona polizza, questa normativa può essere una svolta” dice De Felice. Spiegandone i motivi: il primo è il principio della consulenza sancito dalla normativa. “L’intermediario – spiega il Presidente Anra – non sarà più colui che deve vendere un prodotto ma diventa un consulente dell’assicurato. La sua funzione avrà un valore aggiunto perché dovrà mettere in piedi un prodotto assicurativo che sia conforme alle esigenze del cliente. Il mondo delle assicurazioni non si concentrerà più sul piazzare una copertura assicurativa, ma sul fornire una consulenza ad ampio spettro”. È questo il grande vantaggio della normativa dal quale deriva anche l’entusiasmo con cui è stata accolta nel mondo assicurativo. La vicinanza al cliente, dunque, da parte di una figura specializzata che comprende le sue esigenze e ne anticipa i bisogni, potrebbe far crescere l’attenzione attorno al settore delle assicurazioni.

Ma a questo aspetto è legato anche, secondo Alessandro De Felice, una sfida: “Gli attuali mediatori devono cambiare visione e ampliare la conoscenza del clientespiega il Presidente Anra. Che punta l’attenzione proprio sulle nuove competenze che vengono richieste alla categoria, bisognosa di una formazione adeguata sulla consulenza che deve iniziare già nelle Università. “In Italia i mediatori sono passati da 15mila a 10mila negli ultimi 4-5 anni, un numero che resta comunque altissimo per un Paese come il nostro. Con l’introduzione dell’IDD il mercato sarà chiamato a fare un’ulteriore selezione tra coloro che hanno le competenze necessarie e sapranno rispondere in maniera efficace a un cliente sempre più esigente”. Del resto, sul mercato si stanno già affermando i consultative broker, intermediari che hanno sostituito il ruolo di propositori di polizze con quello di consulenti che valutano le esigenze del cliente proponendogli la soluzione più consona. Ecco perché bisognerà valutare come nei prossimi anni i mediatori stessi saranno in grado di rispondere al cambiamento che l’introduzione in Italia dell’IDD richiede a queste figure professionali.

Per quanto riguarda nello specifico i broker, secondo il Presidente Anra, alla loro figura è legato il limite della normativa. In particolare, ciò che l’Insurance Distribution Directive ha lasciato irrisolto è l’obbligo di trasparenza per la remunerazione diretta o indiretta di tutti i mediatori: “In fase di consultazione – spiega De Felice – Anra si è confrontata con Ivass perché fosse obbligatorio, per il broker che agisce su mandato dell’assicurato, rendere noto l’ammontare delle commissioni di intermediazione che va a prendere”. Una richiesta che non è stata accolta e che per De Felice rappresenta un’occasione persa. Perché la trasparenza è un valore che va tutelato, soprattutto quando “si possono creare conflitti di interesse tra cliente e broker” puntualizza l’esperto. “Il cliente deve essere in grado di poter scegliere il broker anche in base al suo livello remunerativo, perché deve essere consapevole se questo gli sta proponendo ciò che è più adatto alle sue esigenze o più vantaggioso per il broker stesso. Prendete, ad esempio, un broker che vuole vendere al cliente la polizza di un assicuratore che lo paga di più rispetto a un altro: questo tutela il cliente o va a vantaggio del broker?”. La proposta di Anra, però, non è passata nella direttiva. Spetterà alla coscienza del broker e all’intuito del cliente salvaguardare la posta in gioco e la correttezza della procedura in atto.

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Concetta Desando
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Due menzioni speciali al premio di giornalismo M.G. Cutuli, vincitrice del Premio Giuseppe Sciacca 2009, collabora con testate nazionali

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